Come ogni anno è cominciata la gara a chi trova la definizione più paracula per far diventare il 25 aprile "la festa di tutti gli italiani". Questa è un'altra storia della resistenza in cui gli italiani protagonisti non sono tutti d'accordo sul fatto di voler essere liberati.
All’inizio del 1944 molti giovani di Tolentino che si erano sottratti alla leva vanno in montagna e si sistemano tra Montalto e Vestignano. Si tratta di un gruppo in formazione, costituito prevalentemente da giovani provenienti da un ambiente cattolico, i cui ultimi componenti, tutti diciottenni, si aggiungono verso la fine di febbraio. Il loro obiettivo è costituire una banda autonoma, ma non hanno nulla, né armi né mezzi di sostentamento. Il gruppo viene assegnato al tenente Achille Barilatti, il cui nome di battaglia è Gilberto Della Valle, il quale fa sapere agli alleati la loro situazione tramite la radiotrasmittente. Ma il fallimento del lancio di rifornimento da parte degli alleati, previsto per la notte del 19 marzo, li lascia di fatto disarmati. Hanno solo un moschetto, tre fucili 91, una decina di bombe a mano e qualche pistola.
Il 22 marzo del 1944 a Montalto tedeschi e fascisti, appartenenti al al Btg. “M” e “IX Settembre”, danno inizio al rastrellamento programmato, accerchiano i giovani che, non avendo armi, non possono opporre resistenza. Quattro riescono a fuggire verso Vestignano, 26 sono catturati e uccisi nella tarda mattinata, a gruppi di quattro, ai margini della strada, e buttati nel burrone; uno di loro, colpito non mortalmente, rimane sotto il mucchio dei suoi compagni; gli ultimi cinque sono risparmiati per l’intervento di un ufficiale tedesco e condotti via insieme al tenente Achille Barilatti che, arrestato, è portato al comando repubblichino d iMuccia per essere interrogato. Il giorno dopo viene fucilato di fronte al muro del cimitero.
Elvio Verdenelli, uno dei cinque che viene risparmiato dalla fucilazione, così ricorda il tragico giorno:
”Verso le 9.30 eravamo tutti allineati lungo la strada. Un fascista tolse i miei guanti dalle tasche e nel far questo un giornaletto clandestino “Il Combattente” cadde per terra. Cercai di coprirlo con un piede. Il brigatista nero se ne accorse, lo raccolse e lesse qualche riga, poi lo mostrò ai suoi camerati. Botte ed insulti non si contarono per noi. Il plotone era formato da tre fascisti e due tedeschi. Fra i fascisti ce n’era uno( ) molto giovane che ogni tanto diceva a uno dei tedeschi:”Tu poco bravo a sparare. Io colpire alla faccia e tu invece no!”. Il penultimo gruppetto era davanti al plotone di esecuzione, poi sarebbe toccato a me e agli altri rimasti. Il ten. Tedesco (che si chiamava Fisch) proveniente da Vestignano dove aveva diretto il rastrellamento, comandò da un centinaio di metri di distanza da noi, di smettere mentre partivano le scariche. Ci fu un attimo di sospensione, poi i mitra seguitarono la loro opera di morte. Mi pare di vedere ancora il volto attonito di Perugini Spartaco che per un istante aveva creduto di poter aver salva la vita. Il Ten. Tedesco giunse frattanto fra noi e Muscolini Marcello, fuori di sé, con la forza della disperazione implorò la nostra salvezza. Ma anche noi eravamo in uno stato di delirio e non so che cosa dicemmo. L’ufficiale straniero rimase scosso e dette ordine allora di non fucilare più nessuno, mentre i fascisti stavano tentando di metterci in fila per completare il massacro. Insieme a me ebbero risparmiata la vita Marcello Muscolini, Aroldo Ragioni, Alberto Pretesi e Carlo Manente.”
Verso le 11 se ne vanno i quattro autocarri e la nera 1100, dove era seduto il giovane partigiano di Tolentino arrestato a Caldarola il 19 marzo che aveva ceduto sotto gli interrogatori dei nazifascisti e che ora era stato costretto a guardare la fucilazione dei compagni. Così come spettatori obbligati sono Don Antonio Salvatori, che scongiura di uccidere tanti giovani innocenti, e Achille Barilatti che almeno a sparare non siano gli italiani ma i tedeschi. Barilatti offre la sua vita in cambio di quella dei giovani, ma viene condotto a Muccia e fucilato il giorno successivo. I 26 cadaveri sono buttati ai piedi della scarpate nelle pose più raccapriccianti, in mezzo alla neve rossa di sangue e agli oggetti sparsi: sciarpe, zoccoli, cinghie, cappelli. Il giorno successivo una macchina di tedeschi, allegri e sorridenti, arriva sul posto per scattare foto. I corpi sono frettolosamente sepolti nel cimitero di Montalto. Solo il 24 settembre i Martiri di Montalto sono riportati a Tolentino in mezzo ad una folla commossa e al cordoglio di tutta la città.
(preso paro paro da www.itineraridellamemoria.it)